Interpellanza parlamentare di Lannutti (IDV)

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Interpellanza parlamentare di Lannutti (IDV)
Presentata il 12 aprile 2011 sul "Progetto Mercurio"
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Interpellanza 2-00333

presentata da

ELIO LANNUTTI
martedì 12 aprile 2011, seduta n.538

LANNUTTI – Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze – Premesso che:

Enasarco, l’ente di previdenza dei 400.000 rappresentanti di commercio e promotori finanziari, ha distribuito migliaia di depliant in carta patinata, composti da quattro facciate con prima pagina la foto di un’elegante porta d’ingresso ripresa dall’alto e di uno zerbino dove sta scritto: “Da inquilino a proprietario il passo è breve, non devi neanche uscire di casa”. Nei palazzi di proprietà dell’istituto, con un volantinaggio di massa che ha avviato il lancio del piano Mercurio, cioè la vendita del gigantesco patrimonio immobiliare dell’ente, 17.063 appartamenti di cui 15.245 solo a Roma, per un valore di circa 4,5 miliardi di euro, sono stati diffusi nei giorni scorsi migliaia di volantini;

nei giorni scorsi Elio Conti Nibali, presidente dell’Anasf (associazione che raggruppa i promotori ed i consulenti finanziari), ha inviato una lettera ad alcuni parlamentari, mettendo in discussione il piano Mercurio di Enasarco per dismettere il patrimonio immobiliare. «In virtù dell’avvio dell’indagine conoscitiva sulla consistenza, gestione e dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e privati, deliberata dalla “Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale”, mi preme esprimerLe le forti preoccupazioni di Anasf, Associazione nazionale promotori finanziari, sulla Fondazione Enasarco, ente al quale i promotori finanziari sono obbligati a versare i propri contributi previdenziali in aggiunta alla contribuzione obbligatoria presso Inps”. I promotori finanziari hanno infatti due previdenze obbligatorie, certamente una situazione anomala più volte denunciata da Anasf, anche in diverse sedi parlamentari, che trova il suo presupposto normativo, secondo l’interpretazione di Enasarco, nella legge 2 febbraio 1973, n.12 che prevede l’obbligo di iscrizione al Fondo di previdenza dell’Enasarco “per tutti gli agenti ed i rappresentanti di commercio che operano sul territorio nazionale in nome e per conto di preponenti italiani o di preponenti stranieri che abbiano la sede o una qualsiasi dipendenza in Italia”. La norma aveva un senso fino al 1991, quando l’ottenimento di un mandato da parte di una società del settore finanziario era subordinato all’iscrizione del promotore finanziario al ruolo agenti e rappresentanti di commercio tenuto presso le Camere di commercio. Non esisteva cioè un’autonoma figura professionale e dall’obbligo di iscrizione al ruolo agenti e rappresentanti di commercio derivava anche l’iscrizione ad Enasarco da parte del promotore finanziario. Tuttavia con la legge sulle SIM (legge 2 gennaio 1991, n. 1), la categoria dei promotori finanziari viene definita normativamente con un proprio Albo unico nazionale e nel 1996, quanto agli aspetti previdenziali, il legislatore interviene stabilendo che i soggetti iscritti all’Albo, che operano in veste di agenti o di mandatari, devono essere iscritti all’INPS (art 1, comma 196, legge n. 662). Data la specificità della norma, ne consegue, a nostro giudizio, l’inapplicabilità ai promotori finanziari del regime proprio degli agenti di commercio, situazione che purtroppo oggi viene ancora disattesa, costringendo la categoria alla vessatoria doppia contribuzione Enasarco». In merito al Progetto Mercurio, aggiunge ancora Conti Nibali: «Che la situazione della Fondazione sia grave è ormai chiaro dal 7 novembre 2006, quando, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2 comma 6 del decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509, si è provveduto a sciogliere il consiglio d’amministrazione della Fondazione, con la conseguente nomina di un Commissario straordinario dell’Ente. Nell’arco di dieci anni abbiamo assistito a due riforme pensionistiche da parte di Enasarco, nel 1998 e nel 2004, che hanno portato ad un aumento considerevole dei contributi previdenziali e dell’età pensionabile. Tutto ciò però non è bastato all’Ente per allinearsi ai parametri di garanzia trentennali previsti dal comma 763 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 e l’unica soluzione elaborata da Enasarco di recente è l’ulteriore riforma – la terza – che, oltre a prevedere aumenti contributivi di rilievo a carico anche dei promotori finanziari, dà il via alla dismissione dell’intero patrimonio immobiliare (c.d. progetto Mercurio) al fine di garantire la sostenibilità finanziaria dell’Ente. Anasf ritiene che la situazione in cui versa la Fondazione sia ormai definitivamente compromessa e reputa la dismissione generalizzata degli immobili un ulteriore grave errore. Ed infatti: – Enasarco conta di realizzare dalla vendita degli immobili ricavi pari a 4,5 miliardi di euro, con una plusvalenza pari a un miliardo e cinquecento milioni di euro, basandosi su sondaggi interni fatti dallo stesso Ente che ipotizzano una adesione quasi al 100% dell’attuale inquilinato. È di questi giorni la notizia di contestazioni mosse anche dai “Comitati inquilini Enasarco” per le loro preoccupazioni di essere vittime di un’operazione di dismissione degli alloggi poco trasparente e senza garanzie per le famiglie più deboli, notizia che rende ancora meno verosimile l’ipotesi di adesione all’offerta per ricavi pari a 4,5 miliardi di euro dalle dismissioni. (…) Il ricavato di questa imponente dismissione immobiliare verrà investito, in non meglio identificati strumenti finanziari con l’intenzione di ottenere un rendimento netto complessivo del 3,5%! È ormai noto a tutti che la gestione finanziaria di Enasarco non ha mai brillato per i risultati ottenuti; basta vedere il rendimento del “Fondo indennità risoluzione rapporto – FIRR”, gestito direttamente dall’ente nel 2009, che si è attestato all’1,39% lordo, oppure il ricorso dell’Ente all’uso di obbligazioni strutturate per circa 1,4 miliardi di euro che rappresenta il 50% dei 2,8 miliardi di patrimonio mobiliare e il 24,6% sul totale di 5,8 miliardi di euro. È opportuno chiedere chiarezza all’Ente circa gli strumenti finanziari che si intendono usare per ottenere tali rendimenti, le società che li possono garantire e su quali stime si basano i rendimenti prospettati. È altresì necessario conoscere quali sono gli scenari e le tabelle redatte dall’Ente per ipotizzare i rendimenti suddetti, oltre le ipotesi demografiche che supportano i calcoli delle relative rendite. A tutte le considerazioni di cui sopra, se ne aggiunge una ulteriore e ben più grave quanto a conseguenze, e cioè che la vendita di tutti gli immobili non garantisce la tenuta dei parametri trentennali previsti dalla legge e non dà nessuna garanzia di un effettivo miglioramento della situazione, comportando la necessità di una riforma estremamente penalizzante per gli aderenti, proposta da Enasarco. A questo proposito Anasf ha già inoltrato al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Maurizio Sacconi e al Ministro dell’Economia delle Finanze Giulio Tremonti tutte le proprie perplessità e le forti preoccupazioni»;

considerato che in merito alla riforma dell’Enasarco, l’Anasf sottolinea che tale riforma prevede ulteriori sacrifici che gli iscritti, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio di amministrazione di Enasarco, non sono disposti ad affrontare per il solo fatto di garantire la sostenibilità nel tempo dell’ente. Solo a titolo esemplificativo, risultano oltremodo onerose le previsioni relative a: l’aumento dell’anzianità contributiva che passerebbe, attraverso un meccanismo di quote, da 20 a 25 anni e l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne da 60 a 65 anni; l’aumento delle aliquote contributive dal 13,50 per cento al 18 per cento; l’aumento dei massimali contributivi, che per gli iscritti monomandatari passerebbero dagli attuali 27.667 euro a 37.500 euro nel 2015 e per i plurimandatari dagli attuali 15.810 euro a 25.000 euro nel 2015; l’aumento dei minimali contributivi; la sterilizzazione del montante contributivo al 3 per cento, a discapito di una previsione, tutta da verificare, di un maggior rendimento derivante dalla dismissione degli immobili che si assesterebbe invece al 3,5 per cento; l’incameramento del 3 per cento da parte di Enasarco della contribuzione, che verrà quindi versata a fondo perduto; l’incameramento della maggior parte del contributo del 3 per cento versato per le società di agenzia che verrà utilizzato per coprire il deficit produttivo. Se una tale riforma passasse, avrebbe come risultato un ennesimo spropositato aumento dei contributi in capo agli iscritti, senza tuttavia garantire, con assoluta certezza, la sostenibilità finanziaria trentennale di Enasarco. Se oggi la pensione media netta erogata da Enasarco, su dati di bilancio 2009, è di circa 450 euro lordi al mese per l’80 per cento degli iscritti, con l’entrata in vigore della riforma il risultato sarebbe un significativo abbassamento della già esigua prestazione previdenziale, a fronte peraltro di maggiori versamenti e dell’allungamento dell’anzianità contributiva. Da tutto ciò, risulta evidente la necessità di intervenire prontamente per trovare soluzioni differenti che possano risolvere le inefficienze amministrativo finanziarie che hanno fin qui contraddistinto la gestione di Enasarco,

si chiede di sapere:

se non si ritenga che, alla luce di quanto esposto relativamente alla pessima gestione finanziaria operata dall’ente fino ad oggi e delle dichiarazioni dello stesso sui ricavi dell’imponente dismissione immobiliare pari a 4,5 miliardi di euro che saranno investiti in non meglio identificati strumenti finanziari con l’intenzione di ottenere un rendimento netto complessivo del 3,5 per cento, l’Enasarco abbia l’obbligo di chiarire in via preliminare quali siano gli strumenti finanziari scelti per ottenere i rendimenti annunciati, le società che li possono garantire e su quali stime si basano i rendimenti prospettati;

se il Governo sia al corrente dell’analisi effettuata sulla fondazione Enasarco da parte dei promotori ed analisti finanziari in ordine all’innalzamento dell’anzianità contributiva che passerebbe da 20 a 25 anni e l’aumento dell’età pensionabile per le donne da 60 a 65 anni, con le aliquote contributive che passerebbero dal 13,50 per cento al 18 per cento, e il relativo aumento dei contributi, che passerebbero dagli attuali 27.667 euro a 37.500 euro nel 2015 per i monomandatari e dagli attuali 15.810 euro a 25.000 euro nel 2015 per i plurimandatari;

se ritenga che gli iscritti all’Enasarco, a fronte di una pensione media netta erogata dall’ente (dati di bilancio 2009) pari a circa 450 euro lordi al mese per l’80 per cento degli iscritti, in assenza di scenari e tabelle redatte per ipotizzare i rendimenti suddetti, oltre le ipotesi demografiche che supportano i calcoli delle relative rendite, con l’entrata in vigore della riforma debbano effettivamente sopportare un significativo abbassamento della già esigua prestazione previdenziale, arrivando al paradosso che a maggiori contributi richiesti possano corrispondere minori prestazioni previdenziali;

se non si ritenga che tale aumento dei minimi contributivi, oltre alla sterilizzazione del montante contributivo al 3 per cento, a fronte di una previsione di un maggior rendimento derivante dalla dismissione degli immobili che si assesterebbe invece al 3,5 per cento, porti Enasarco ad incamerare la maggior parte del contributo del 3 per cento versato per le società usandola per coprire il deficit produttivo;

quali misure urgenti intenda attivare per impedire che i gestori delle casse di previdenza, seppur privatizzate, possano utilizzare il risparmio previdenziale, come nel caso di Enasarco e di altre casse che hanno sottoscritto numerosi titoli di Lehman Brothers ed altri titoli tossici, mettendo a rischio con gestioni poco oculate e forse accomodanti verso taluni broker, promotori e/o sollecitazioni di banche e banchieri, il risparmio previdenziale, con conseguenze che in caso di eventuale default, andrebbero a ricadere sulla previdenza pubblica spalmata sulla generalità dei contribuenti.”

Secondo Federagenti sono necessari controlli e verifiche più approfondite da parte delle Istituzioni finanziarie a tutela degli iscritti alle Casse privatizzate quali Enasarco