Un bravo agente dev’essere capace di vendere (più precisamente, dev’essere capace di aumentare le vendite dell’azienda, utilizzando le proprie abilità). Ok, su questo non si discute. Ma è sufficiente questa dote, sicuramente indispensabile, per fare dell’agente un buon agente? No. Il bravo agente sa fare questo, ma deve anche saper tutelare i propri interessi e per far ciò è indispensabile conoscere i propri diritti. Vediamo, dunque, quali sono i comportamenti e le azioni da adottare, nel rapporto con la mandante, al fine di tutelare i propri interessi, al di là della mera questione provvigionale ed economica.
1. Leggere attentamente ogni proposta di mandato. Per curare adeguatamente i propri interessi è indispensabile sapere cosa si sta firmando e gli obblighi che si stanno assumendo nei confronti della mandante. Si deve partire dalla consapevolezza che agente e preponente sono, sul piano giuridico, soggetti con medesime dignità e importanza. Può accadere che, a volte, l’agente, spinto
dalla necessità di lavorare, sia disposto ad accettare condizioni delle quali farebbe volentieri a meno; tuttavia è importante che si
sforzi di confrontarsi con la mandante senza soggezioni e sappia valutare attentamente qualsiasi elemento contenuto nella proposta di mandato. Questo perché quanto avrà accettato, sottoscrivendo il mandato, difficilmente potrà essere successivamente contestato (fatte salve le tutele di base offerte all’agente dal Codice Civile e dagli AA.EE.CC.).
2. Rispettare gli impegni assunti contrattualmente, perché solo così l’agente sarà al riparo da contestazioni che potrebbero metterlo in difficoltà, fino al rischio estremo di un recesso per giusta causa da parte della preponente, con la conseguente perdita delle indennità e l’ulteriore rischio di subire un’azione risarcitoria. Il fatto che l’azienda non contesti immediatamente il mancato rispetto di un obbligo contrattuale da parte dell’agente non vuol dire che non possa farlo in un secondo momento.
3. Controllare che la preponente rispetti gli impegni contrattuali. Il punto sembra scontato ma non lo è. Soprattutto con riferimento alle azioni che l’agente deve compiere quando si trova di fronte a una mancanza dell’azienda che rappresenta. Al di là di un ragionevole margine di tolleranza (reciproco), è opportuno che l’agente annoti e, soprattutto, tempestivamente segnali all’azienda, in
forma scritta, qualsiasi comportamento contrario ai patti. Ritardi nel pagamento delle provvigioni, mancato rispetto dell’esclusiva a proprio favore, fondate lamentele della clientela in ordine a qualità o modalità/tempi di fornitura dei prodotti o dei servizi, insomma, qualsiasi mancanza della mandante, le va puntualmente e tempestivamente segnalata e contestata. Questo non solo allo scopo di vedere sanata la situazione, ma anche per raccogliere gli elementi necessari per un eventuale recesso per giusta causa, anch’esso da esercitare con la dovuta tempestività (l’argomento della giusta causa è già ampiamente discusso e approfondito in altre sedi, alle quali si rimanda).
4. Verificare periodicamente la propria situazione previdenziale presso la Fondazione Enasarco, al fine di evitare i cosiddetti “buchi contributivi”, che possono riservare cattive sorprese al momento della richiesta della pensione o della cessazione dell’attività. In quel frangente l’agente potrebbe accorgersi di non aver conseguito l’anzianità contributiva sufficiente per maturare il diritto (attuale o futuro) alla pensione. Nel caso in cui scopra omissioni contributive, dopo una prima verifica con l’azienda e se la stessa non regolarizzi tempestivamente, l’agente deve inviare all’Enasarco la segnalazione di omissione (la Fondazione disporrà una visita ispettiva e imporrà all’azienda il pagamento dei contributi evasi, applicando gli interessi legali e moratori). Vi ricordiamo di fare molta attenzione a questo aspetto perché il diritto alla contribuzione previdenziale si prescrive in cinque anni.
5. Prestare attenzione alla comunicazione da trasmettere alla preponente nel momento in cui si intende recedere dal mandato. A tal proposito è fondamentale aver presente che se l’agente recede volontariamente, e non per giusta causa o per gravi motivi di salute o per il raggiungimento dei requisiti pensionistici, perde il diritto alle indennità di legge (fatto salvo il Firr). Pertanto, qualora il recesso avvenga per una delle ragioni citate, le stesse devono essere chiaramente esplicitate nella comunicazione trasmessa all’azienda.
6. A prescindere da quale delle parti decida di chiudere il rapporto, all’atto della cessazione effettiva (e quindi alla fine del preavviso
laddove lavorato) l’agente deve trasmettere all’azienda l’elenco degli affari in sospeso, cioè degli ordini raccolti e delle trattative in atto. Questo perché gli affari che vanno a buon fine entro un termine ragionevole dalla conclusione del mandato (termine che
gli AEC riconoscono in sei mesi ma che può essere variato dalle parti), danno diritto alla relativa provvigione.
7. Richiedere all’azienda, in forma scritta, il pagamento delle indennità di fine rapporto, entro un anno dalla conclusione del mandato. Intatti l’art.1751 del Codice Civile prevede che l’agente decada dal diritto alle indennità se entro un anno dalla conclusione del rapporto non comunichi alla preponente l’intenzione di farlo valere.
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L’ABC del bravo agente di commercio