Tra gli effetti della globalizzazione vi è anche il fatto che sia sempre più frequente l’ipotesi di agenti e rappresentanti italiani e residenti in Italia che operando per conto di aziende nazionali svolgono la loro attività prevalentemente o, addirittura, esclusivamente, all’estero.
Accade quindi con maggior frequenza di ricevere richieste di aiuto o chiarimento da parte di agenti (e talvolta anche di aziende mandanti) che non sanno bene come comportarsi dal punto di vista contributivo, chiedendo, in particolare se chi opera all’estero è soggetto o meno all’obbligo di iscrizione all’Enasarco. Ecco, per esempio, la richiesta ricevuta la settimana scorsa da un agente del nord Italia a cui abbiamo già dato riscontro in privato, ma che vogliamo riproporre in forma più ampia e completa nella speranza di poter essere di aiuto anche ad altri.
“Sono agente di commercio da quasi 16 anni. Sin dall’inizio ho svolto la mia attività prevalentemente all’estero, ma ormai da 3 anni, opero esclusivamente in Austria e Germania per conto di due diverse aziende mandanti entrambe italiane. Recentemente una delle due aziende ha subito una ispezione Enasarco all’esito della quale le è stato contestato il mancato versamento dei contributi per l’attività agenziale da me svolta all’estero. Ho sempre creduto che l’azienda non dovesse versare nulla, sbagliavo?”.
Inizialmente la legge n. 12/1973, all’articolo 5 comma 1, così delineava l’obbligo di iscrizione alla Fondazione ENASARCO “sono obbligatoriamente iscritti al Fondo di previdenza dell’ENASARCO tutti gli agenti ed i rappresentanti di commercio che operano sui territorio nazionale in nome e per conto di preponenti italiani o di preponenti stranieri che abbiano la sede o una qualsiasi dipendenza in Italia; sono altresì obbligatoriamente iscritti all’ENASARCO gli agenti ed i rappresentanti di commercio italiani che operano all’estero nell’interesse di preponenti italiani”. Sul punto il Regolamento delle attività istituzionali Enasarco approvato nel 2004 più sinteticamente all’art. 2 stabiliva “Sono obbligatoriamente iscritti al Fondo di previdenza della Fondazione tutti i soggetti … che operino sul territorio nazionale in nome e per conto di preponenti italiani o di preponenti stranieri che abbiano la sede o una qualsiasi dipendenza in Italia“. Alla luce del tenore testuale della disposizione, pertanto, all’epoca erano prevalse quelle interpretazioni che, per accertare se vi fosse o meno per l’agente l’obbligo di iscriversi, guardavano alla zona di operatività dell’agente così come pattuita in contratto. Se l’agente aveva i propri clienti e svolgeva la propria attività commerciale e promozionale all’estero la mandante non aveva l’obbligo di iscriverlo all’Enasarco, anche se poi l’agente aveva la propria sede legale e fiscale all’interno del territorio nazionale. Pertanto sino a quella data se un agente aveva mandati con diverse aziende, alcune delle quali operanti in Italia ed altre all’estero e con riferimento a quest’ultime tutte le attività commerciali venivano svolte solo al di fuori dell’Italia, lo stesso doveva essere iscritto all’Enasarco solo dalle prime e non anche dalle altre.
Nel 2013 il Regolamento delle attività istituzionali cambia nuovamente e cambia anche l’articolo 2 che al secondo comma ora recita: “Resta ferma l’applicazione delle norme dell’Unione Europea e delle convenzioni internazionali in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale“. Poiché l’introduzione di tale modifica suscitò non pochi dubbi circa la corretta perimetrazione dell’obbligo di iscrizione alla Fondazione Enasarco per gli agenti di ditte italiane operanti all’estero la Confederazione dell’Industria Manifatturiera Italiana e dell’Impresa Privata propose interpello al Ministero del Lavoro. Al quesito proposto la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il 19 novembre 2013, fornì la risposta che può essere sintetizzata riportando integralmente le considerazioni conclusive formulate. “Pertanto, riassumendo… l’obbligo di iscrizione alla Fondazione ENASARCO risulta riferibile:
– agli agenti di commercio che operano sul territorio italiano in nome e per conto di preponenti italiani o stranieri che abbiano la sede o una
qualsiasi dipendenza in Italia;
– agli agenti di commercio italiani o stranieri che operano in Italia in nome e/o per conto di preponenti italiani o stranieri, anche se privi di sede o dipendenza in Italia;
– agli agenti che risiedono in Italia e vi svolgono una parte sostanziale della loro attività;
– agli agenti che non risiedono in Italia, purché abbiano in Italia il proprio centro d’interessi;
– agli agenti che operano abitualmente in Italia ma si recano a svolgere attività esclusivamente all’estero, purché la durata di tale attività non superi i 24 mesi.
Da ultimo, per quanto concerne la “residuale” categoria dei preponenti operanti in Paesi extra UE, gli stessi saranno tenuti all’iscrizione previdenziale in Italia solo laddove ciò sia previsto da trattati o accordi internazionali sottoscritti e vincolanti il singolo Paese di appartenenza.”
Se in alcuni casi il presupposto dell’obbligo di iscrizione è chiaro (agente che opera in Italia), più difficile è capire quando l’attività svolta dall’agente in Italia possa considerarsi essere “una parte essenziale” dell’attività agenziale nel suo complesso o l’agente mantenga, nel suo complesso, il centro di interessi in Italia. Insomma quand’è che un agente, residente in Italia, ma operante all’estero svolge comunque una parte – definibile come sostanziale – della propria attività sul territorio nazionale?
Gli esperti ministeriali dicono che per rispondere a tale quesito occorre far riferimento all’articolo 14 del Regolamento (CE) n. 987/2009 del 16 settembre 2009 che stabilisce le modalità di applicazione del Regolamento n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (la cui applicazione è richiamata dall’articolo 2, comma 2 del nuovo regolamento Enasarco).
E cosa dice l’articolo 14? Ebbene, sintetizzando l’articolo in esame, per quanto ci interessa, prevede che per stabilire se una parte sostanziale delle attività sia svolta in un dato Stato membro, in relazione all’attività autonoma, occorre verificare dove: – sia prodotto il fatturato, – svolto l’orario di lavoro, – prestati i servizi e/o prodotto il reddito. E conclude che “nel quadro di una valutazione globale, una quota inferiore al 25 % di detti criteri è un indicatore del fatto che una parte sostanziale delle attività non è svolta nello Stato membro in questione”. Pertanto se, in base a tali criteri, si accerta che il 25% del valore dell’attività dell’agente è svolta in Italia, conseguentemente in base al Regolamento UE (richiamato dal Regolamento Enasarco) dovrà essere applicata la normativa dello stato di residenza (quindi quella italiana). Occorre quindi considerare “tutti gli elementi che compongono le attività professionali dell’agente, in particolare il luogo in cui si trova la sede fissa e permanente delle attività dell’interessato, il carattere abituale o la durata delle attività esercitate, il numero di servizi prestati e la volontà dell’interessato quale risulta da tutte le circostanze”.
Per gli ispettori Enasarco, pertanto si ritiene provata l’esistenza di una sostanziale attività in Italia da parte dell’agente operante unicamente all’estero in tutti i casi in cui lo stesso, oltre alla residenza, conservi sul territorio nazionale le seguenti attività:
• iscrizione ad una Camera di Commercio Italiana;
• fatturazione in Italia;
• effettuazione della dichiarazione dei redditi in Italia,
• iscrizione all’Enasarco da parte di altre ditte mandanti,
• sede della ditta o della società di agenzia in Italia
Con queste premesse pare di tutta evidenza che un contratto di agenzia che preveda una zona di competenza “estera”, un elenco di clienti ed una raccolta di ordini esclusivamente all’estero non si configura come condizione sufficiente per escludere l’assoggettabilità all’iscrizione Enasarco dell’agente. In definitiva per escludere sicuramente l’assoggettabilità alla normativa Enasarco un agente italiano operante all’estero deve risiedere all’estero, o pagare le tasse all’estero, o essere iscritto ad un istituto di previdenza estero.