Domanda: Il 20 luglio ho ricevuto da una delle aziende che rappresento la seguente comunicazione: “Con la presente comunichiamo formale disdetta del contratto sottoscritto in data 14.02.2017”. Ho subito richiesto chiarimenti e telefonicamente mi è stato detto che il rapporto doveva intendersi concluso alla data di ricezione della comunicazione, ma quando ho chiesto comunicazione scritta in tal senso non ho avuto riscontro ed anzi, pochi giorni dopo, i primi giorni di agosto, a ridosso della chiusura dell’azienda ho ricevuto, sempre telefonicamente, la richiesta di recarmi presso due clienti, in un caso per un reso, nell’altro per ritirare un assegno. Da quando hanno riaperto – il 29 agosto – il loro direttore commerciale mi ha chiamato per avere notizie sulla situazione di alcuni clienti. Come devo comportarmi?
Risposta: Il momento dell’interruzione del rapporto è spesso oggetto di gravi incertezze proprio a causa dei comportamenti non sempre lineari tenuti dalle aziende mandanti. Ciò purtroppo accade soprattutto quando è l’azienda che ha interesse a chiudere il rapporto perché è in gioco il pagamento delle indennità di fine rapporto. E’ proprio questo il motivo della scarsa chiarezza con cui vengono formulate molte comunicazioni di recesso. Il caso da lei prospettato non è assolutamente infrequente: l’agente riceve una comunicazione che contiene semplicemente la manifestazione di volontà della mandante di interrompere il rapporto senza alcuna menzione né del momento dal quale tale rapporto si deve intendere concluso né dei motivi per cui si pone termine al contratto. Partiamo da quest’ultimo punto. Dal momento che la comunicazione ricevuta non contiene alcuna motivazione si deve ritenere che il recesso sia avvenuto ad nutum cioè per volontà dell’azienda senza specifici addebiti all’agente (la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che in caso di disdetta per giusta causa, l’azienda debba comunicarlo già all’atto della disdetta esponendo i motivi che la giustificano).
Passando poi al momento da cui si deve considerare operante la disdetta nel caso in cui la comunicazione di recesso non contenga espressioni quali: “il rapporto cesserà al ricevimento della presente” oppure “alla data del..”, si deve ritenere che dalla data di ricezione della comunicazione inizi a decorrere il periodo di preavviso, la cui durata sarà quella prevista dalla fonte che regola il rapporto (codice civile o AEC). Pertanto, poiché nonostante le sue precise richieste, l’azienda non ha fornito alcun riscontro scritto e, nei fatti, si comporta come se il rapporto fosse ancora in essere le consigliamo, per il momento di continuare a svolgere l’attività agenziale e di richiedere alla preponente tramite PEC o raccomandata da quando la stessa intende cessato il contratto. In assenza di risposta proseguirà a lavorare ed inviare ordini sino alla scadenza del periodo di preavviso teoricamente applicabile al suo caso. Laddove gli ordini dovessero essere rifiutati o comunque non eseguiti ciò configurerà un inadempimento della mandante con eventuali conseguenze a carico della stessa.
In ogni caso comunque le spettano le indennità di fine rapporto. Se il contratto non richiama gli AEC per l’indennità di scioglimento del contratto si deve guardare all’art.1751 del codice civile. Tale indennità spetta solo in presenza di determinati requisiti (incremento di fatturato e/o clientela, permanenza dei vantaggi nella sfera del preponente ecc.) e la sua entità non può superare, nel massimo, la media annua provvigionale degli ultimi 5 anni del rapporto. Potrebbe poi essere dovuta, laddove prevista dal contratto individuale, l’indennità per il patto di non concorrenza post contrattuale il cui regime è regolato dall’art. 1751 bis del codice civile. A tal proposito ricordiamo che laddove il contratto preveda un patto del genere, non è facoltà della mandante liberare unilateralmente l’agente dal rispetto di tale patto al fine di per non corrispondere la relativa indennità.